Teatro

Natalino Balasso: "Il teatrante deve smettere di tirarsela, deve pensare di più al pubblico e meno a se stesso"

Natalino Balasso
Natalino Balasso

"Se noi teatranti continuiamo a tirarcela dobbiamo anche farci due domande, visto che il pubblico non è sceso in piazza gridando 'ridateci il teatro' ”: un interessante incontro con Natalino Balasso.

Attore, autore e scrittore, conosciuto dal pubblico del teatro, del cinema, della radio e della televisione, presente anche su internet con un grande seguito di oltre 200.000 iscritti al canale Youtube Telebalasso e migliaia di visualizzazioni, con punte di spettatori da 1,6 milioni: nei giorni scorsi abbiamo incontrato Natalino Balasso per una diretta sulla nostra pagina Facebook, della quale riportiamo qui alcuni momenti significativi.
 

Natalino, ti vedo molto contento, forse è perché finalmente tutti i teatri hanno riaperto e il pubblico è tornato a teatro... o no? Cos’è successo davvero dopo il 26 aprile?
Le cose non stanno così, ma non è colpa di poche persone, c’è tutta una situazione... Siamo in un Paese disorganizzato, questa è la verità. Adesso molti teatri, soprattutto privati non possono riaprire con i limiti numerici che hanno imposto perché i teatri privati lavorano con il pubblico. Quindi finché non ci sarà la possibilità di avere un minimo di pubblico per poter almeno sostenere le spese e guadagnare lo stipendio per chi ci lavora in questi teatri, non potranno riaprire. C’è gente ferma davvero da un anno e mezzo. Molti hanno cambiato mestiere, molti sono dovuti tornare in famiglia. E' un disastro per molti lavoratori.

L’attenzione è rivolta soprattutto a quel background di teatri piccoli e medi che fanno una gran fatica. Un teatro da 500 posti come fa?
Se non gli si dà la possibilità di farci entrare almeno la metà delle persone subito, non riapriranno, ovviamente. Visto che sono stati stanziati dei denari, si sarebbe potuto dare la possibilità ai comuni o ai teatri, come hanno fatto per i bar quest’estate, di utilizzare dello spazio pubblico. Perché non hanno fatto la stessa cosa per i teatri? Dare dei soldi per fare delle coperture, dare dei permessi per poter fare la stagione d’estate invece che d’inverno.
I privati, lo sappiamo, hanno sempre lavorato con il pubblico, hanno bisogno degli spettatori. Se la chiesa rimanesse chiusa non si creerebbe nessun danno, mentre se il teatro rimane chiuso si crea un grande danno economico. E parlo di economico pensando che c’è gente che lavora e che ha delle famiglie.

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Cosa pensi del teatro in streaming?
Il teatro in streaming, questa aberrazione, è passato perché lo Stato e la politica hanno voluto fare questo. Ovviamente sono stati solo i Teatri Stabili a farlo, perché un teatro privato che ha bisogno del pubblico non può fare teatro in streaming.

Solo le fondazioni liriche hanno provato a far pagare un biglietto ad un prezzo minimo.
Certo, ma non hanno ottenuto nulla, con quei soldi non ci paghi nemmeno la corrente.
Molte fondazioni teatrali pubbliche, molti Teatri Stabili tenendo il teatro chiuso spendono di meno, prendono già i soldi dallo Stato ogni triennio. Sono stati dati i ristori a gente che comunque non doveva essere ristorata di niente, anzi, hanno lasciato a casa gli attori e professionisti. Io pensavo che quei ristori sarebbero stati divisi con gli attori, ma non è stato così.
Devo anche dire che ci sono stati anche dei direttori del settore pubblico, pochi, che hanno cercato di coinvolgere gli attori che erano a casa, i tecnici, ecc.

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Cosa ne pensi del coprifuoco alle 22?
Il vero problema è che siamo in una nazione dove se si dice che si può rimanere fuori fino a mezzanotte, la gente si assembra. Bisogna arginare queste cose. È vero che stiamo dimostrando una scarsa responsabilità civile, però se mi dicono “vuoi aprire i teatri quando ci sono stati 130 mila morti?” io rispondo che i 130 mila morti non li ha fatti il Teatro. Questa è l’unica cosa certa, perché il Teatro è rimasto chiuso.

Gabriele Vacis diceva che i teatri dovrebbero rimanere aperti sempre, anche quando non c’è lo spettacolo, e soprattutto per vedere le prove.
Se noi teatranti continuiamo a tirarcela con il fatto che il teatro è importante dobbiamo anche farci due domande visto che il pubblico non è sceso in piazza gridando “ridateci il teatro”. Un motivo è che il pubblico del teatro non è così numeroso, in tutta Italia saranno 3 milioni, e poi il teatro non è più percepito come un rito sociale. Oggi il teatro deve diventare una specie di aggancio con la città, prendendo esempio da quei preti che escono dalla chiesa e si occupano della società. È anche la missione del teatro: raccontare la società. Ecco perché serve che un teatro sia sempre aperto e frequentato, non solo per lo spettacolo.

Attualmente uno spettacolo “basico” riuscirebbe a coprire i costi e guadagnare qualcosa mantenendo lo stesso prezzo dei biglietti?
Per spettacolo “basico” credo si intenda uno spettacolo che costi poco. Ce la può fare se il teatro può ospitare almeno 300/400 perone, perché gli spettacoli “basici” possono ridurre i costi. Però attenzione perché ridurre i costi significa lasciare a casa qualcuno.
Quello su cui io insisto è che il pubblico teatrale è molto ristretto, dobbiamo allargarlo molto di più. Se noi continuiamo a fare la “setta”, perché diciamo che la gente non si interessa a noi, è perché tu non ti interessi della gente! Dobbiamo uscire dal teatro, il teatro deve diventare qualcosa di più.

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Sembra che i teatri pensino solo alle produzioni e non al pubblico.
È la legge che gli chiede questo! La legge chiede di produrre in continuazione e buttare via. Questo è il corto circuito con i sindacati. C’è gente che andrebbe avanti solo con le prove, ma le prove sono fatte per mettere in scena degli spettacoli, con il pubblico.
I mutamenti culturali si fanno rilanciando delle abitudini culturali. Perché la gente ha guardato la televisione per un sacco di tempo? Perché era facile ed era difficile andare a teatro. 
Noi dobbiamo capire che il teatro ha una prerogativa fondamentale, che è quella della vita. Noi dobbiamo puntare su questo e dobbiamo fare del teatro qualcosa che esce dal teatro stesso.
Il teatro deve parlare a noi, Shakespeare raccontava anche storie antiche, ma parlava per i suoi contemporanei. Questa è la grande forza del teatro, io posso fare il pittore famoso anche da morto, ma attore di teatro lo posso fare solo da vivo, per un pubblico vivo.

Teatri Stabili e territorio...
Io farei tre Teatri Stabili in Italia a cui darei 20 milioni ciascuno, uno al sud, uno al centro e uno al nord e dovranno fare spettacoli solo nella città in cui si trovano, visto che la missione del Teatro Stabile è il territorio e hanno delle compagnie stabili. Mentre dovrebbero essere i privati a fare le tournée.

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Noi pensiamo che il comparto dello spettacolo dal vivo ha perso il collegamento con la gente e il territorio rendendosi inutile ed elitario, creando una lobby interna.
Certamente. Io credo sia sempre stato così, il teatro pubblico chiama il privato teatro commerciale e in alcuni casi lo è, però il teatro pubblico spesso è intrattenimento, non solo cultura. C’è tanto elitarismo nel mondo teatrale pubblico e questo non fa altro che allontanare il pubblico, anziché avvicinarlo.
La società è cambiata e hanno vinto le strutture. Negli anni novanta i soldi dello stato andava alle Compagnie, le quali lavoravano e pagavano i lavoratori. Successivamente ci si è spostati lentamente sui Teatri pubblici, i quali sono diventati delle Istituzioni che hanno assunto impiegati su impiegati, con ovviamente soldi pubblici.
Un teatro Stabile non assume attori, sotto le sue dipendenze ha solo impiegati, la struttura è diventata più importante del contenuto. Come a Sanremo, dove conta di più il conduttore dei cantanti.

Il sentimento nel Teatro?
Adesso va di moda dire “empatia”. Patire assieme non significa soffrire assieme, ma sentire insieme, il sentimento. E non c’è sentimento purtroppo. 
Uno dei registi con cui ho amato di più lavorare è stato Valerio Binasco, che ha i suoi difetti come tutti, ma credo sia uno che muove molto il sentimento, nel teatro e sul palco. 
Alla gente piace il sentimento, ma detesta il sentimento falso, il buonismo, il fingersi buoni.

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Ci sono giovani autori? C’è un ricambio di testi?
Non si dà modo di crescere ai giovani autori, ormai si preferisce che l’autore sia un po’ famoso, così si vendo facilmente più biglietti, ma ovviamente per diventare famoso ci vuole un po’ di tempo. 
E' un circolo vizioso.

Grazie Natalino, parlando con te viene fuori sempre qualcosa di molto costruttivo, ed è questa la parte che preferiamo noi...
Grazie a voi di Teatro.it, per quello che fate, per il lavoro meritorio di raccolta dati sugli spettacoli e per i dibattiti teatrali che suscitate.


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